Io devo andare (be-folk)

Io devo andare (be-folk)

Io devo andare (be-folk)

Devo tornare a casa!
- Perché? - chiese Listo.
- E’ tutto il giorno che sono fuori e ne sento il bisogno - rispose Mad.
Madison era un’amica e abitava a Loyall, una piccola cittadina a 10 chilometri da Baxter ai piedi delle colline. Come un impasto che lievita, quel paesaggio ti suggeriva che col passare del tempo, proseguendo in quella direzione, avresti incontrato montagne rigogliose, pascoli di bovini, cinghiali, caprioli, cervi, ghiri, lupi e (dopo l’uomo) la bestia più pericolosa della zona: il tasso striato.
Pur essendo di città, conoscevo bene quei boschi; la mia famiglia proveniva da lì e molte volte mio Padre e mia Madre mi avevano portato con loro a pesca e a caccia, insegnandomi il modo di uccidere e di usare ciò che la natura offriva.
La gente di montagna ne aveva maggior rispetto mentre quelli di città consumavano continuamente e con avidità qualunque prodotto senza nemmeno conoscerne il ciclo naturale.
- E vai, infatti - le rispose Callisto - Io per quanto mi riguarda non vedo l’ora di fare una doccia e indossare una vecchia e comoda tuta da casa.
Ci trovavamo nella cucina di casa mia; il mio buon amico Callisto e Mad stavano bevendo Cola dietetica a zero calorie, mentre io sorseggiavo un vino a buon mercato.
- Ma dai rimani ancora un po’ – le disse Listo – E’ tanto che non ci vediamo!
Notai il linguaggio non verbale di Mad: era agitata, il piede sinistro a ciondoloni sulla gamba destra era in continuo movimento, la maglietta che indossava mostrava nella zona sotto le spalle un alone di sudore che, come per tutte le femmine, emanava un buon odore e le mani erano impegnate a rigirare un fazzoletto di carta in modo nervoso e peculiare.
Aveva sempre con sé un fazzoletto nella tasca dei jeans e, quando era nervosa, lo tirava fuori e ne strappava una striscia lunga, sottile e regolare. Poi, con cura, riponeva il fazzoletto mutilato in tasca tenendosi in mano la striscia appena strappata che rigirava senza rompere tra le dita.
- Vedi - dissi io - ai BIFOLCHI di campagna non piace venire giù in città. Gli ricorda ancora il tempo in cui a fine raccolto, per pochi spiccioli, dovevano trasportare i frutti della terra sin giù a Baxter, l’unica cittadina nei paraggi ad ospitare il mercato agricolo.
Gli occhi di Madison, ora fissi su di me, s’infuocarono in un attimo e serrò la bocca che divenne una sottile linea orizzontale.
- Al giorno d’oggi 10 chilometri sembrano pochi anche in bicicletta, ma allora senza muli o cavalli, che possedevano solo i PADRONI, trainare carretti a piedi o camminare con dei sacchi sulle spalle equivaleva alle migliaia di chilometri che gli elefanti percorrono ogni anno in Africa, durante il periodo di siccità alla ricerca di acqua; era essenziale per vivere.
E continuai – Va avanti così da secoli, generazione dopo generazione.
- L’esser schiavi non è una cosa che si dimentica facilmente, ormai ce l’hanno nel sangue, non ne sono completamente coscienti ma e’ come un disagio: passare troppo tempo in città provoca questo ai campagnoli; sentono il bisogno di rientrare ai piedi delle colline.
- Come il richiamo della foresta - disse Listo.
Osservai Mad; il piede e le mani erano ora immobili, la bocca sempre serrata.
Sapevo riconoscere quando un animale si preparava ad attaccare.
- Fottesega delle vostre teorie da tipi di città - attaccò Madison
- Solo perché siete andati a scuola credete di avere sempre ragione, quando invece non sapete nemmeno come mungere una mucca.
- Io so come mungere le Vacche! – dissi.
Callisto scoppiò a ridere senza emettere alcun suono. Era come un’espressione di risata ma muta.
- Ok, io devo andare - e si alzò dalla sedia.
- Vedi? - dissi io - è più forte di lei.
Non me lo aspettavo ma, prima di uscire, in un secondo mi sparò un calcio dritto nella tibia.
Devo dirvi la verità, mi prese bene con i suoi scarponi da bifolca ed ancora oggi, quando cambia il tempo, la cicatrizzazione ossea presente sulla mia tibia mi duole. Ma non fa solo quello: è come un promemoria che tramite l’atmosfera si trasferisce al mio osso, il quale invia l’impulso elettrico doloroso al cervello.
Il messaggio è forte e chiaro: COI BIFOLCHI NON SI SCHERZA.